Nel passaggio che il PRI ha deciso al Congresso di Bari non si scorgono né aspetti di forza, né di opportunità politica, né di giusta scelta temporale. Esso appare piuttosto un gesto imposto dalla disperazione, l’accatto sommesso di un piatto di lenticchie offerto dal Polo. Appare come la conseguenza di un fallimento storico per il partito e il suo Segretario.
L’opportunità delle precedenti ultime elezioni Europee, in occasione delle quali ci proponevamo come rappresentanti italiani di riferimento della liberaldemocrazia europea, è stata sprecata. indecoroso.
Il PRI poteva e doveva giocare la carta comprensibile della liberaldemocrazia, che è il partito o l’arcipelago dei partiti della laicità dello Stato, per l’iscrizione al quale vi è tuttora in Italia una lunga lista d’attesa. Il PRI non ha saputo mettere in campo se non un balbettio confuso, un’incapacità di fondo nel capire i tempi ed i modi per gestire e valorizzare le nuove e vecchie alleanze.
Un’incapacità di allargare il consenso, di sentire la competizione, i giovani, di vincere: un partito senza strategia.
Nel recente passato il PRI è stato sovradimensionato nei numerosissimi governi di coalizione; ciò era dovuto alla collaborazione con il partito cattolico, condizione anomala per un partito laico per antonomasia, ma necessaria per garantire la governabilità in una fase storica nella quale era giocoforza che una coalizione di partiti di chiare tradizioni democratiche facesse barriera contro un PCI che ancora non aveva compiuto i necessari passi di democratizzazione.
Per mantenere questi equilibri , il PRI e’ stato costretto per molti anni a tenere sottotono le proprie specificità laiche (lasciando ad altre forze la trincea delle battaglie civili), mentre si costruiva nel tempo una sua visibilità in ruoli di prevalente gestione economico-finanziaria, ruoli tuttavia che in epoche di contrapposizioni ideologiche così nette bastavano a caratterizzare in modo significativo anche sul piano politico, una partito nominalmente laico legata al partito cattolico in ruoli di contabile per conto terzi, con la scusa della governabilità.
Senza più barriere ideologiche, e addirittura senza più partiti, occorreva mettere in campo intelligenza, energie fantasia, buona fede, capacità di cogliere le opportunità, iniziativa politica. Il PRI avrebbe potuto finalmente, senza più bisogno di dover puntellare ipotetiche dighe anticomuniste, liberare la sua vera natura laica, mazziniana e liberaldemocratica, e impegnarsi per costruire, un soggetto politico che rispondesse alle aspirazioni di tanti italiani.
Ieri il PRI decide a far fronte a questo difficile compito, migrando senza ritorno verso Berlusconi.
Noi REPUBBLICANI EUROPEI diciamo no a tutto questo e facciamo un passo avanti con un po’ di fantasia e fondiamo un nuovo Movimento.
Con il Movimento REPUBBLICANI EUROPEI, per gestire la complessità con entusiasmo, per raggiungere obiettivi alti, per attirare i giovani.